La guerra invisibile del Mossad: sabotaggi, omicidi e l’ombra del nucleare iraniano

di Claudia Pepe

  • 13 giugno 2025, il mondo è rimasto sgomento davanti alla notizia del massiccio attacco israeliano contro alcuni impianti nucleari iraniani.
    Un’escalation improvvisa, apparentemente priva di giustificazione, che rischia di trasformarsi in un conflitto aperto.

    Per comprenderne le radici, però, è necessario guardare al passato: a una guerra segreta che si combatte da oltre trent’anni tra Teheran e Gerusalemme, tra centrifughe arricchite e dossier trafugati, tra virus informatici e droni esplosivi.
    Una guerra che ha un protagonista ben noto nell’ombra: il Mossad.

    Fondato nel 1949, il Mossad non è nato per difendere uno Stato o una bandiera, ma per proteggere il popolo ebraico in ogni parte del mondo. È in quest’ottica che, a partire dalla fine della guerra Iran-Iraq (1988), l’agenzia israeliana ha iniziato a interessarsi da vicino al programma nucleare iraniano, considerato una minaccia esistenziale.

    L’Iran ha sempre dichiarato alla IAEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) che il suo programma ha finalità pacifiche: produzione di energia e applicazioni mediche.
    Ma Israele, insieme ad altri osservatori internazionali, ha sempre temuto che si trattasse di una copertura per lo sviluppo di un’arma nucleare strategica.

    Nei decenni, diversi Paesi hanno contribuito al programma nucleare iraniano: dalla Siemens tedesca alla russa Minatom, fino a consorzi ispano-argentini. L’impianto di Bushehr, ad esempio, è uno dei progetti più noti, avviato negli anni Ottanta.

    Oggi si conoscono almeno sette siti nucleari attivi in Iran. Alcuni sono stati bersaglio di sabotaggi e attacchi mirati da parte di Israele e dei suoi alleati.
    Fino al 2009 si trattava di operazioni di spionaggio e contenimento. Ma negli anni successivi, i metodi sono diventati più audaci e distruttivi.

    Nei primi anni 2000, il Mossad ha preso di mira le catene internazionali di approvvigionamento, infiltrandosi attraverso aziende tedesche, turche e malesi.
    Obiettivo: far arrivare in Iran componenti contraffatti o sabotati, progettati per causare guasti nei macchinari degli impianti nucleari.
    Pompe per vuoto difettose, sistemi elettronici malfunzionanti e valvole instabili hanno rallentato per anni il progresso tecnologico di Teheran.

    Tra il 2007 e il 2010, Israele e Stati Uniti collaborano a una delle più sofisticate operazioni di guerra informatica mai realizzate: Stuxnet.
    Un virus capace di infiltrarsi nei sistemi industriali Siemens usati nell’impianto di Natanz, alterando la velocità delle centrifughe e danneggiandole fisicamente.
    Il risultato: oltre mille centrifughe distrutte e due anni di ritardo per il programma iraniano.

    È la prima volta nella storia che un’arma informatica produce danni fisici reali in un sito nucleare attivo.

    Nel 2018, il Mossad compie un’operazione che ha il sapore del thriller internazionale.
    Una squadra di agenti si introduce in un magazzino segreto alla periferia di Teheran e, in una sola notte, apre 32 casseforti e trafuga documenti, hard disk e progetti riservati.
    Il bottino è devastante: dimostra che l’Iran ha lavorato per anni a un programma nucleare di natura militare, mentendo alla comunità internazionale.

    Negli anni successivi, gli attacchi diventano sempre più mirati.
    Nel 2020, un’esplosione devasta un sito di assemblaggio di centrifughe avanzate a Natanz.
    Nel 2021, un blackout misterioso paralizza l’impianto. Secondo fonti israeliane, l’attacco è stato causato da esplosivi nascosti nei basamenti delle centrifughe.
    Operazioni chirurgiche, condotte con una precisione quasi assoluta.

    Queste missioni sono solo la punta dell’iceberg. Altre operazioni restano top secret.
    Droni lanciati da dentro il Paese, tecnici infiltrati, inganni industriali, omicidi mirati di scienziati… Tutto è parte di una strategia che, secondo Israele, serve a impedire che l’Iran ottenga l’arma atomica.


    Oggi, purtroppo, la guerra segreta rischia di uscire dall’ombra.
    L’attacco del 13 giugno 2025 potrebbe segnare un punto di non ritorno. Una linea rossa superata.

    La speranza, ora, è che si possa tornare alla diplomazia, alla trattativa, alla logica della pace.
    Perché nessun attacco, seppure silenzioso, può sostituire il dialogo. E nessun popolo merita di vivere all’ombra di una bomba.
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