L’articolo scientifico che ha cambiato la storia dell’umanità

di Davide Baroni

– ARCHEOMITO – Nel 2007 Richard B. Firestone, Allen West e James Kennett pubblicarono uno studio di straordinaria rilevanza scientifica dal titolo Evidence for an extraterrestrial impact 12,900 years ago that contributed to the megafaunal extinctions and the YoungerDryas cooling, ipotizzando che un impatto extraterrestre avvenuto circa 12.900 anni fa sia stato il catalizzatore di una serie di eventi catastrofici che hanno profondamente alterato il clima, l’ecologia e la presenza umana nel continente nordamericano. Al centro di questa ricerca vi è l’identificazione di uno strato nero ricco di carbonio, soprannominato “black mat”, rinvenuto in circa 50 siti archeologici associati alla cultura Clovis in tutto il Nord America. Questo strato, datato attorno ai 12.900 anni fa, è apparso chiaramente contemporaneo all’inizio del Dryas recente (Younger Dryas), dal 10800 a.C. al 9600 a.C., un periodo di drastico raffreddamento climatico globale che interruppe bruscamente il graduale riscaldamento in atto alla fine dell’ultima era glaciale. Le ossa fossilizzate di megafauna del Pleistocene, unitamente agli strumenti tipici della cultura Clovis, si trovano in situ al di sotto di questo strato ma non al suo interno né al di sopra, indicando un’interruzione improvvisa della presenza faunistica e culturale. 

Lo studio mette in discussione le ipotesi tradizionali secondo cui le cause di tale raffreddamento e delle estinzioni sarebbero da attribuirsi a fattori climatici graduali o alla caccia eccessiva da parte dell’uomo, e propone invece un evento di impatto cosmico come possibile causa scatenante. Gli autori rilevano che lo strato nero contiene abbondanze anomale e concentrate di specifici indicatori geochimici e fisici: grani magnetici contenenti iridio, un elemento raro sulla Terra ma comune nei meteoriti; microsferule magnetiche e sferule di carbonio, formazioni tipiche dei processi di fusione ad alta temperatura; carbone e fuliggine indicanti una combustione intensiva di biomassa; carbonio vetroso con nanodiamanti, strutture che si formano sotto pressioni e temperature estreme; e infine fullereni che intrappolano isotopi di elio di origine extraterrestre, la cui presenza è difficilmente spiegabile con processi terrestri convenzionali. La distribuzione geografica di questo strato e dei suoi componenti si estende ben oltre i siti archeologici, includendo almeno 15 delle cosiddette Carolina Bays, enigmatiche depressioni ellittiche disposte con orientamento nord-ovest nella pianura costiera atlantica, la cui origine è anch’essa oggetto di controversia scientifica da decenni. Firestone e colleghi suggeriscono che queste formazioni potrebbero essere correlate all’impatto o all’esplosione in atmosfera di uno o più oggetti extraterrestri di grandi dimensioni ma a bassa densità, come una cometa o frammenti cometari, il che li rende coerenti con un’esplosione atmosferica simile a quella dell’evento di Tunguska del 1908 ma su scala immensamente maggiore. L’ipotesi è che l’impatto o l’esplosione aerea avvenne sopra il continente nordamericano, probabilmente nella zona coperta allora dalla calotta glaciale laurenziana, causando una destabilizzazione parziale della stessa. Questo avrebbe portato a un massiccio afflusso di acqua dolce nei bacini dell’Atlantico settentrionale, alterando la circolazione termoalina e innescando il brusco raffreddamento del Dryas recente. L’impatto diretto e le sue conseguenze avrebbero provocato un’onda d’urto e un impulso termico capaci di incendiare vaste aree boschive, sollevare immense quantità di polvere e fuliggine in atmosfera e distruggere habitat cruciali per la sopravvivenza della megafauna pleistocenica come mammut, mastodonti, bradipi giganti e altre specie. In parallelo, le risorse alimentari disponibili per gli esseri umani si sarebbero rapidamente esaurite, costringendo le popolazioni Clovis a cambiare radicalmente il proprio comportamento adattativo, abbandonando il modello culturale che li aveva caratterizzati fino a quel momento. La cultura Clovis, infatti, scompare archeologicamente subito dopo questo evento, e ciò avviene in modo pressoché sincrono su tutto il continente nordamericano. Gli autori sottolineano che l’ipotesi dell’impatto extraterrestre non deve essere interpretata come unica causa delle estinzioni e dei cambiamenti climatici ma come un possibile innesco, un elemento scatenante che avrebbe agito in sinergia con altre dinamiche ecologiche già in atto. Tuttavia, la concomitanza temporale e la distribuzione geologica coerente degli indicatori chimici e fisici rinvenuti nello strato nero rafforzano notevolmente l’ipotesi che un evento di questo tipo abbia avuto conseguenze drammatiche su scala continentale. Lo studio ha avuto un impatto enorme nel mondo scientifico, aprendo nuove prospettive nel dibattito sulle estinzioni del tardo Pleistocene, sull’origine del Dryas recente e sulla vulnerabilità delle culture umane preistoriche a eventi cosmici improvvisi. E se fosse stato proprio questo impatto a causare anche la fine di Atlantide?

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