Men in Black: leggenda o verità?

di Massimo Landi

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Cappelli a tesa larga, completi impeccabili, occhiali scuri anche di notte. I “Men in Black”, nel loro aspetto anonimo e sinistro, sono da oltre settant’anni protagonisti di testimonianze inquietanti. Non parliamo di personaggi da film, ma di figure reali, avvistate in contesti legati a fenomeni UFO, che – secondo chi le ha incontrate – agirebbero per mettere a tacere testimoni scomodi.

Ma chi sono davvero? Esistono prove della loro esistenza? E perché, ancora oggi, continuano ad alimentare il dibattito tra studiosi, militari e appassionati?

Il primo a portare all’attenzione pubblica i cosiddetti Men in Black fu Albert K. Bender, fondatore dell’International Flying Saucer Bureau (IFSB). Nel 1953, dopo aver annunciato la scoperta di “verità sconvolgenti” sugli UFO, Bender improvvisamente chiuse la sua rivista e la sua organizzazione. Anni dopo, spiegò di essere stato visitato da tre uomini vestiti di nero che lo avrebbero intimidito e minacciato affinché tacesse.

Il suo racconto, seppur controverso, gettò le basi per il mito moderno dei MIB: agenti silenziosi, legati a forze superiori, incaricati di proteggere verità inconfessabili.

Nel 1976, un altro caso fece scalpore. Il dottor Herbert Hopkins, consulente in un’indagine su un presunto rapimento alieno nel Maine, riferì di aver ricevuto una visita da parte di un uomo in nero, che lo avrebbe costretto a distruggere tutte le prove. Hopkins descrisse il visitatore come “simile a un automa”, con voce metallica e tratti facciali quasi finti.

Numerosi altri casi si moltiplicarono negli anni seguenti, sia negli Stati Uniti sia in Europa, Italia inclusa, spesso associati a testimoni di luci misteriose nel cielo o visitazioni extraterrestri.

Le interpretazioni, negli anni, si sono divise in tre principali filoni.

Secondo la lettura più razionale, i Men in Black sarebbero appartenenti a unità riservate, come l’Office of Special Investigations (OSI) dell’Air Force o a servizi clandestini che intervengono per proteggere tecnologie militari sperimentali (spesso scambiate per UFO). In questa visione, il loro compito non sarebbe “proteggere i segreti alieni”, ma evitare fughe di notizie su prototipi top secret, droni invisibili, radar avanzati.

Molti ufologi e ricercatori del paranormale ritengono invece che i MIB siano entità aliene in incognito, o perfino esseri interdimensionali che assumono forma umana imperfetta per interagire con noi. In alcuni racconti, questi individui sembrano non comprendere concetti umani di base, come l’uso del cibo o del linguaggio. La loro presenza – fredda, disturbante – sarebbe il segno che qualcosa di “non umano” è in corso sulla Terra.

Infine, c’è chi ipotizza che i Men in Black siano proiezioni dell’inconscio collettivo, tulpas (forme pensiero materializzate) nate dalla paura e dall’immaginario della Guerra Fredda, dell’invasione aliena e della sorveglianza. In questo senso, sarebbero fenomeni reali nella percezione soggettiva, ma non oggettivamente esistenti.

Negli ultimi anni, il fenomeno ha conosciuto un ritorno, complice anche la riapertura da parte del governo statunitense di dossier sugli UFO (ora detti UAP – Unidentified Anomalous Phenomena). Alcuni membri del Congresso USA, come la rappresentante Anna Paulina Luna, hanno parlato apertamente di tentativi di intimidazione e insabbiamento da parte di “individui sconosciuti” mentre indagavano su incidenti UFO militari.

Anche in Italia, ricercatori come Pietro Marchetti e Corrado Malanga hanno registrato testimonianze simili, in particolare in Piemonte e Toscana, legate a sparizioni di prove o visite da parte di sconosciuti in abiti formali.

I Men in Black, che esistano o meno, sono diventati il simbolo stesso del potere che agisce nell’ombra, della verità che viene taciuta, della paura del controllo segreto. La loro estetica – sobria, impersonale, intimidatoria – ha segnato profondamente la cultura pop e la letteratura complottista. Alcuni li considerano il volto moderno del “Grande Fratello”; altri, semplicemente, l’incarnazione di un’umanità che teme ciò che non può comprendere.

I Men in Black non sono solo un prodotto della fantasia o del cinema. Sono una leggenda moderna radicata in decine di testimonianze, documentate o meno, che attraversano i decenni e i continenti. Rappresentano il confine sfocato tra realtà e mito, tra ciò che sappiamo e ciò che temiamo di sapere.

Nel 2025, con governi che iniziano a parlare di UAP e commissioni parlamentari che chiedono trasparenza, la figura dei MIB torna a farsi inquietante e attuale. E mentre alcuni ridono, altri continuano a guardarsi alle spalle, domandandosi: se avessimo davvero visto qualcosa di sconveniente… ci sarebbe qualcuno pronto a farci dimenticare?

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