di Tiziana Etna
OLISTICAMENTE – C’è un momento, nel cammino interiore, in cui il corpo smette di essere soltanto materia. Diventa messaggero, oracolo, specchio silenzioso di verità sepolte. Louise Hay, pioniera del pensiero positivo, ci ha lasciato una chiave semplice e potente: ascoltare il corpo per guarire l’anima.
Nel libro ‘Il destino come scelta‘, edito da Mediterranee, questo concetto si allarga come un’eco, ricordandoci che nulla è davvero scritto se non nel linguaggio dell’anima — e che ogni sintomo può diventare una porta. Secondo la visione di Luise Hay, ogni dolore fisico nasce da un’emozione non espressa, un pensiero che ristagna, un rifiuto che si fa nodo nella carne. Le parole che non diciamo si fermano in gola, i pesi che non condividiamo si curvano sulle spalle, le paure che evitiamo si annidano nei piedi. Così, l’organismo diventa una mappa energetica, un tempio profanato dai nostri silenzi.
Ma esiste un linguaggio sottile del corpo – Ogni parte di noi racconta una storia. Una storia che non è scritta nei referti medici, ma nell’inconscio. Il mal di testa parla di auto-critica; il cuore affaticato, di gioia dimenticata; il fegato infiammato, di rabbia repressa. E il mal di stomaco? È l’urlo muto di chi non riesce a digerire qualcosa o la vita. Eppure, non c’è giudizio in questo. Solo inviti. Ogni disturbo è una porta aperta verso la guarigione interiore, verso un atto di amore ritrovato. Non si tratta di sostituire la medicina, ma di affiancarla con consapevolezza, restituendo al corpo la dignità di essere parte viva del nostro linguaggio interiore.
Attraverso le parole di Louise Hay, ho imparato che dietro ogni sintomo c’è un pensiero. Dietro ogni pensiero, un’emozione. E che non si guarisce solo con le medicine, ma con l’amore verso sé stessi.
Da quel giorno, ogni dolore è diventato un indizio, ogni disagio una possibilità di trasformazione. Ho cominciato a scrivere, a osservare, a mettere insieme i pezzi. E oggi, in questo servizio, voglio raccontarvi ciò che ho scoperto, sperando che, come è successo per me, anche voi possiate ascoltare il vostro corpo con occhi nuovi.

Hay ci insegna che possiamo “riprogrammare” il nostro modo di pensare attraverso le parole. Le affermazioni positive sono come semi di luce piantati nella mente.
Non sono formule magiche, ma atti di fiducia:
“Io mi amo e mi accetto completamente”, “Lascio andare ogni paura”,
“Sono al sicuro e la vita mi sostiene”.
Detti, soprattutto davanti allo specchio, questi mantra aprono varchi. Sciolgono nodi. Portano a galla il bisogno dimenticato di abbracciarci, nonostante tutto. E in questo atto apparentemente semplice si compie la vera trasmutazione alchemica: la guarigione non come assenza di sintomi, ma come riappacificazione con la propria essenza.
Il dolore come alleato – Se imparassimo a vedere la malattia non come nemica, ma come messaggera d’anima, cambierebbe la nostra relazione col dolore. Il cancro, dice Hay, nasce da un dolore antico, da un nodo d’amore non sciolto. La colite racconta la paura di lasciar andare. La pelle che si infiamma, chiede tenerezza dove c’è stato rifiuto.
Tutto questo è un richiamo a prenderci per mano e tornare dentro, dove si uniscono il corpo e l’anima.
In un mondo dove tutto corre e si spezza, Louise Hay ci ha consegnato un dono prezioso: il potere di ritornare a noi stessi, con gentilezza. Ascoltare, accogliere, affermare. È da qui che può nascere una medicina nuova. Non fatta solo di principi attivi, ma di presenza attiva. Non fatta solo per curare, ma per comprendere.
Nel cerchio della vita, dove ogni emozione è un archetipo, ogni sintomo un simbolo, la guarigione è un atto d’amore rivolto a sé stessi. E come tale, è sempre possibile.
DEDICATO ALLE MIE SISTER