I “fatti” dell’Afghanistan 

foto di Mary Campos

di Claudia Pepe

L’11 Settembre 2001 un gruppo di terroristi appartenenti ad al Qaida, dirottarono alcuni aerei contro il World Trade Center di New York e contro il Pentagono, le vittime degli attentati furono circa tremila, esclusi i diciannove dirottatori.

Circa un mese dopo, il presidente statunitense G. W. Bush, annunciò l’invasione dell’Afghanistan con l’appoggio di alcuni paesi NATO con l’intento di rovesciare il regime dei talebani, detentori del potere dello stato dal 1996, e sconfiggere al Qaida. Dopo una rapida campagna militare il regime talebano collassò e già nel Maggio 2003 Bush disse che l’operazione aveva raggiunto il suo obiettivo. In realtà fu solo l’inizio di un logorante tentativo di stabilizzare un paese con una moltitudine di etnie,

( Vedi Atlante Geopolitico 2004 )

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nonché vittima di attentati interni da parte dei talebani, ancora presenti in alcune parti del paese, e di al Qaida che, sotto la guida dei messaggi del suo leader Osama Bin Laden, continuava a compiere attentati terroristici ai danni della coalizione NATO e dei civili afgani.

Dopo l’annuncio della morte di O. Bin Laden, il 2 Maggio 2011, sotto la presidenza di Barack Obama, iniziò una graduale riduzione delle truppe statunitensi nel paese. Il numero di uomini impiegati scese da circa centomila a circa novemila nel 2015.

L’amministrazione Obama non avviò alcuna trattativa col governo afgano o con i talebani, al contrario del successivo presidente Donald Trump. 

In effetti, sondaggi ufficiali, riportavano un’insoddisfazione dei cittadini americani nei confronti della missione in Afghanistan, tra il 2015 ed il 2018 i talebani iniziarono nuovamente a sottrarre zone sotto il controllo del governo centrale e fecero diversi attentati terroristici ai danni di civili e militari occidentali, portando la presidenza Trump ad avviare trattative con i talebani allo scopo di ritirare, completamente, le truppe statunitensi dal paese. 

La firma dell’accordo ufficiale avvenne in Qatar a Doha, il 29 Febbraio 2020, dopo più di un anno di trattative. Il rientro a Washington delle truppe americane sarebbe dovuto avvenire entro il 1° Maggio 2021, prorogato dall’attuale presidente Joe Biden all’11 Settembre 2021, ventennale dell’attentato al World Trade Center. 

Essendo a ridosso della scadenza stabilita, l’USA ha mantenuto fede all’accordo ed iniziato a ritirare i suoi militari dall’Afghanistan.

Invece, ad iniziare, è stata la ghigliottina mediatica ai danni della presidenza e dell’America. America che ha speso circa un trilione di dollari (mille miliardi di dollari) in venti anni, a cui vanno aggiunti circa altri duecento miliardi tra aiuti alla popolazione, incluso l’addestramento e l’armamento dell’esercito afgano, e le opere di ricostruzione e sviluppo. L’Italia ha speso quasi 10 miliardi, di cui circa novecento milioni in potenziamento delle forze armate afgane. Sono state importate armi per quasi due milioni di dollari tra il 2003 ed il 2010. 

Nonostante l’impiego di personale per l’addestramento alla resistenza e l’armamento dell’esercito afgano, al fine di proteggere i civili e soprattutto le donne, al primo accenno di entrata dei talebani da Nord, l’esercito è fuggito nel vicino Tagikistan (17 Luglio 2021), con l’avanzare verso Kabul è fuggito anche il presidente Ashraf Ghani, ad Abu Dhabi (15 Agosto 2021). 

L’evidenza è che gli afgani mancano di spirito patriottico, nonostante il sostegno militare ricevuto, non c’è uno sentimento di appartenenza che dia combattività ai soldati. Se anche la coalizione occidentale avesse deciso di rimanere altri dieci anni, nulla sarebbe cambiato, al momento del rimpatrio.

Sappiamo che l’Afghanistan è una terra molto ricca, oltre ad essere il maggiore produttore di oppio ha riserve per lo più minerarie molto importanti, tra le quali Litio, berillio, pietre preziose, rame, molibdeno, oro, niobio, piombo, zinco, petrolio, gas e carbone, inoltre, miliardi di tonnellate di minerale di ferro di alta qualità. L’immenso potenziale delle risorse del paese era stato già inserito in un memorandum del Pentagono nel 2010 e potrebbe aver rappresentato un interessante ricavo a fronte delle spese sostenute durante la lunga missione. 

Oltre ad essere molto ricco è in una posizione geografica strategica che permetterebbe di diminuire la presenza statunitense in Asia centrale. La Cina di Xi Jinping ha infatti preso accordi vantaggiosi, in principio, col governo afgano, a metà Luglio con i talebani a Doha, nonostante la sua minoranza uigura, musulmana, sia molto vicina ai talebani.

Oggi, siamo tutti in apprensione per l’evolversi della conquista talebana. Il radicalismo e l’ossessione per la legge coranica, a volte non interpretata fedelmente, ci ha fatto conoscere i talebani soprattutto per la loro violenza e prepotenza. Tutti noi, avevamo riposto speranze in un nuovo regime, più moderato e rispettoso delle donne e dei civili tutti. Purtroppo, già negli ultimi giorni, si stanno verificando rastrellamenti e limitazioni alla libertà di espressione, di immagine e di studio. Le terribili immagini dell’aeroporto di Kabul e dei vari tentativi di fuga sono tutte nei nostri occhi.

Per chi volesse sostenere concretamente le donne afgane, riporto alcune associazioni:

Si può fare una donazione a Pangea Onlus, un’organizzazione italiana che lavora dal 2003 in Afghanistan 

Un’altra associazione italiana è Nove Onlus, con sede a Roma, ma che lavora in Afghanistan dal 2012 

https://www.noveonlus.org/emergenza-afghanistan/

Women for Women International è un’organizzazione umanitaria senza scopo di lucro che fornisce supporto alle donne sopravvissute alla guerra https://www.womenforwomen.org

https://www.womenforwomen.org

Afghanaid è un ente di beneficenza britannico per lo sviluppo che assiste da quasi quarant’anni milioni di famiglie svantaggiate

https://www.afghanaid.org.uk/Appeal/help-families-in-afghanistan

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