Cercando l’ identità

di Apostolos Apostolou professore di filosofia

Esiste oggi l’ identità, o l’ identità si era trasformata in forma assenza? Con l’epoca postmoderna l’ identità si è trasformata in insufficienza. Oggi l’ identità è un’inevitabile disperazione si trasforma automaticamente in requisitoria contro i miei mezzi e i miei scopi. E questo perché c’è una identità multiple. In altre parole a lunga scadenza l’ identità non ha importanza perché respira la perdita della persona. L’ idea assoluta della identità non c’è. E’ liberata dalla sua icona. S’ identifica con l’ assedio della nudiità di forma.

Leggiamo d’ una intervista di Loretta Preta a Jean Baudrillard con tema l’ identità. Jean Baudrillard: «Dal mio punto di vista, l’identità non è un valore forte. C’è una logica dell’identità e della differenza che si rifà in una certa misura all’«identico». Si è detto: ognuno deve differenziarsi, deve avere una propria specificità; e tuttavia questa differenza ridiventa identitaria, vale a dire che ciascuno si identifica con se stesso. E’ chiaro come in questo tipo di identificazione sia compreso un pericolo assoluto, perché il gioco in qualche modo si chiude: l’individuo diventa qualcosa di indivisibile, il clone di se stesso. È un tipo di processo che definirei antropico: si parte da una sorta di diversità, da una contrapposizione di sé a se stessi, da una divisione interna: ma a un dato momento accade che ci si conquista il diritto alla propria individualità. Non è più questione di libertà in atto, bensì dell’idea che ciascuno ha diritto al proprio territorio, al proprio patrimonio, alla propria eredità, al proprio nome. L’alterità è in qualche modo ostracizzata, rifiutata: a questo punto, ciascuno si è creato la propria nicchia, il proprio territorio. Si tratta di un problema filosofico antico, riproposto in epoca moderna e riportato alla luce dalla tecnica. Il soggetto che un tempo era d’ordine ideale, trascendente, è divenuto d’ordine tecnologico: ciascuno oggi si `consola’ con gli strumenti elettronici, con i mezzi di comunicazione, con i mezzi d’informazione, creando un universo autarchico. Si passa dall’identità come essenza, all’identità come differenza e poi all’identità come riconoscimento; ma si tratta di una autodefinizione e quindi, in qualche modo, di un’auto-chiusura. Di tutto questo si ha sentore nelle tecnologie del virtuale, che in effetti aprono immense possibilità fino ad esaltare il cambiamento stesso di identità. E tuttavia, non si può parlare di un divenire in senso forte, come riguardasse l’idea di destino. Parlerei, piuttosto, di identità combinatoria e osserverei anche che, al centro di molteplici flussi, in qualche modo si è persa la coscienza di sé. Inoltre, si potrebbe dire che questa costruzione identitaria è operazionale: gioca con le tecniche, può trasformarsi a piacimento, e tuttavia resta effimera, orizzontale. Non ha più quella verticalità che era propria, ad esempio, dell’essere o del non essere, della storia, insomma di una trascendenza qualsivoglia. L’identità oggi è diventata semplicemente una sorta di estensione, di estroversione, implica soprattutto l’essere visibili: niente più segreti. In definitiva, anche la comunicazione simbolica è fatta della condivisione di ciò che non viene detto o non può essere detto. Oggi, invece, tutto deve essere comunicabile e, all’interno di questa situazione ciascuno si ritaglia una piccola parte». (In quiete. Sito di Gianfranco Bertagni.)

Il castello fatato dell’identità oggi è il sussurro dei like di approvazione. L’ assenza che si era trasformata in forma pura. L’ identità è questo prevedibille che ha bisogno di una maschera, una maschera di intempestivi congedi.

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