… El lujo es el demonio

que causa perdición…”

di Andrea Sardi

CAFE’ DOMINGUE – “Ricco /rìc·co/, aggettivo 1. Che ha larghe disponibilità economiche …. 2. Caratterizzato da un’abbondanza notevole..:”. Grandi disponibilità ed abbondanza. E l’unità di misura quale è? E’ universale o soggettiva? Per me è soggettiva: essere ricchi è poter disporre di tutto ciò che si vorrebbe. Zio Paperone vive come un pezzente, negandosi tutto ciò che non sia accumulo di altra ricchezza, poiché la sua sete di denaro è inestinguibile. Per assurdo, pur facendo il bagno nei dobloni d’oro, non sarà mai ricco. La costruzione psicologica del personaggio è impeccabile: da piccolo fu truffato da un minatore cui aveva pulito gli stivali, il quale gli aveva rifilato un nichelino, privo di valore, la mitica “numero uno”.

Ma il tango, come vede la ricchezza? Direi che vi sia una ambivalenza ed una sostanziale differenza nel vissuto maschile e femminile, che riflettono l’ambiente sociale che dà origine al Tango e nel quale questo vede la sua più grande diffusione agli inizi del novecento.

L’uomo, prevalentemente immigrato, ha il compito di affermarsi socialmente e di provvedere alla propria famiglia in ogni modo. Hacerse l’America era l’espressione che sintetizzava il sogno di una vita migliore, la spinta interiore che sostenne il viaggio attraverso un oceano per approdare in un mondo sconosciuto dove il cielo e le stagioni sono al revés. L’immigrato si inventò, se già non lo era, contadino, barbiere, fabbro, pescatore, venditore ambulante, muratore. Affermandosi con il proprio lavoro di generazione in generazione diventò anche banchiere, notaio, avvocato, giudice, medico. Non riuscendo ad affermarsi per la via maestra, doveva comunque provvedere altrimenti o al benessere economico o almeno, per una questione di responsabilità ed onore, alle necessità della propria famiglia. Allora diventava un taita, o un delinquente di rango (compadre) , o un ladruncolo occasionale (ladròn), o un giocatore d’azzardo, che Eduardo Trongé tratteggia con efficacia in un suo tango “… Bello e altezzoso, elegante, i pesos che guadagna vanno e vengono, e attraversa la vita con un piglio trionfante, metà malevo, metà dongiovanni…” [Mitad de malevo, mitad de Don Juan, Tango, Música: Enrique Delfino, Letra: Eduardo Trongé, 1931]

A volte più che da una scelta di vita, il crimine derivava talvolta da una necessità contingente, come racconta un altro tango “… i suoi figli non piangono per capriccio, non chiedono nemmeno caramelle, niente gomme, niente dolci…Signore!… I suoi figli stanno morendo di freddo, e piangono, affamati di pane… Lavorare?… Dove?… Stendere la mano, chiedendo l’elemosina al passante, perché? Ricevere l’affronto di un “scusa, fratello!”. Lui è forte e ha coraggio e orgoglio. Si addormentarono tutti, lui afferrò il piede di porco, si mise il berretto deciso a rubare… Un vetro rotto delle urla! Aiuto!… Correte! Un uomo che piange e un pezzo di pane… [Pan, Tango 1932, Música: Eduardo Pereyra, Letra: Celedonio Flores]

E la donna? In quell’epoca, salvo poche eccezioni, doveva trovare un uomo che garantisse a lei e ai propri figli anche una posizione sociale o almeno una esistenza decente, secondo il precetto indicato dalla cultura dell’epoca: il matrimonio. In alternativa, rincorreva per vie traverse il sogno di ricchezza e di indipendenza dando vita al mito della milonguita: la ragazza che animava la vita dei cabaret di Buenos Aires, vestendo alla moda di Parigi. “Milonguera con i capelli corti, che ora ti metti in mostra al Pigall. Non ricordi la tua testa coronata da capelli lucenti senza eguali…” [Milonguera, Tango, 1929, Letra y Música de José María Aguilar]

Come racconta in Corrientes y Esmeralda, tango che prende il nome dell’incrocio tra le due vie popolate di locali notturni negli anni ’30 “… al tuo angolo, un giorno, Milonguita, quella papirusa criolla ( papirusa: prostituta di origini polacche, dal lunfardo, n.d.a) cantata da Linning, portando con sé una borsa di vestiti comuni, forse ha trovato l’uomo della sua tragedia…” [Corrientes y Esmeralda, Tango, 1933, Música: Francisco Pracánico, Letra: Celedonio Flores].

Sviluppando un atteggiamento opportunistico, la donna talvolta cercava la ricchezza per la via più breve: circuendo un uomo che ricco lo era già. Per questo era disposta anche a infrangere il sogno di amore dell’altro uomo che per lei avrebbe dato anche l’anima “… tu, povera ragazza di periferia, hai scalciato la miseria della casetta in affitto. Oggi sei una vera riccastra la vita per te è riso e canto, e i soldi dello sciocco di turno li butti all’aria come fa il gatto malvagio con il povero topo. Oggi hai la testa piena di infelici illusioni, gli sciocchi, le compagnie, gli amanti ti hanno ingannato; la milonga, tra i magnati, con le sue folli tentazioni, dove le tue pretese trionfano, è entrata nel profondo del tuo povero cuore…” [Mano a mano, Tango 1923, Música: Carlos Gardel / José Razzano, Letra: Celedonio Flores]

Le muñequitas de lujo popolano i cabaret di Buenos Aires, i testi, i titoli e le copertine degli spartiti di tango come in questo video che accompagna uno di questi brani intitolato proprio Muñequita de lujo [Tango 1921, Música: Enrique Delfino, Letra: Pedro Numa Córdoba].

E tuttavia non lasciamoci ingannare: così come l’uomo che commette un crimine, anche lieve e per necessità, deve accettare il carcere o la giusta punizione del Destino, anche la donna che lascia i valori di una umile periferia per inseguire il sogno del lusso, dovrà accettare che il Destino le porti una vecchiaia di miseria, solitudine e malattia. Il tango pur rivolgendosi a uomini e donne in modo diverso, ammonisce con tono paterno entrambi: la ricchezza materiale ed il lusso sono come il demonio, che porta alla perdizione! La vera ricchezza è rappresentata da ben altro: dal focolare domestico, dai valori morali, dal rispetto e dalla cura per gli affetti familiari e l’amicizia. “Chirusa, la più bella delle ragazzine, intrecciava un amore con un dongiovanni; lui, con parole dolci e carine, le promise di amarla follemente. Fiduciosa nelle sue promesse, una mattina impacchettò tutti i vestiti e fuggì; accecata dal lusso lo seguì e l’anima del sobborgo così le gridò: Non lasciare i tuoi vecchi! Abbi cura di te, Chirusa; il lusso è un demone che porta alla perdizione, e quando sarai molto sola, senza una mano che ti sia d’aiuto, piangerai di dolore, gettata in un angolo…” [Chirusa, Tango 1932, Música: Juan D’Arienzo, Letra: Nolo López]

Condividere è conoscere!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *