Eveningside”Le fotografie di Gregory Crewdson alle Gallerie d’Italia di Torino

di Elisa Heusch

QUARTO OCCHIO – Per questo mese di novembre La Redazione Online ha come tema centrale ‘la scelta’, che come spesso accade si rivela un macro argomento dalle molteplici sfaccettature e dai molti riscontri nelle nostre vite.

Sicuramente per ciò che riguarda l’ambito di cui mi occupo, si può dire che già scattare una fotografia costituisce una “scelta”, in quanto il fotografo inquadrando la scena e premendo il tasto di scatto seleziona la porzione da riprendere, scegliendo quindi cosa lasciare fuori dal fotogramma. (Questo potrebbe sembrarvi anche banale, ma non lo è affatto!).

A livello di fotografi internazionali che sanno bene in quale modo intendono rappresentare la realtà – o il significato che le danno – ho deciso di soffermarmi sull’importante figura di Gregory Crewdson.

La Staged photography – ovvero quella che si può definire “fotografia allestita” – e Gregory Crewdson vanno inevitabilmente a braccetto, visto che il fotografo (New York, classe 1962) è riconosciuto come uno dei massimi esponenti di questo movimento, che ha letteralmente rivoluzionato il processo creativo dell’immagine.

Crewdson agisce infatti come un regista vero e proprio, con il supporto di una troupe, creando delle messe in scena simili a fotogrammi di film, ambientati in sobborghi dell’America rurale e suburbana;

gli spazi utilizzati per le ambientazioni sono di solito luoghi anonimi, senza particolari riferimenti spazio-temporali, dove il fotografo è in grado di creare una suspense visiva che evoca un’atmosfera che richiama quella dei film di David Lynch o dei quadri di Edward Hopper.

Crewdson mette in scena le sue fotografie come se si trattasse di un film con attori, scenografie, oggetti di scena, storyboard, truccatori. Ogni fase è realizzata in studio con estrema attenzione ai dettagli, grazie ad un team di scenografi, lighting designer e stilisti. Il suo è un modo di evocare il lato oscuro del sogno americano, ma anche i suoi drammi psicologici. Secondo lui solamente la fotografia rimane silenziosa: non c’è né prima né dopo, tutto ciò che la fotografia cattura resta un mistero muto.

La mostra ‘Gregory Crewdson.Eveningside’ prende il titolo dall’omonima serie presentata alle Gallerie D’Italia di Torino in esclusiva mondiale e in parte commissionata da Intesa Sanpaolo.

La serie Eveningside è stata concepita come l’ultimo capitolo di una trilogia che abbraccia dieci anni di attività e le tappe di un percorso artistico e personale che passa da visioni più intime e personali fino a grandi visioni esistenziali.

Si parte da Cathedral of the Pines (2012-14), passando per An Eclipse of Moths (2018-19) fino ad arrivare alla serie Eveningside (2021-22), e si possono ammirare anche gli scatti di Fireflies (1996), che è l’incipit della mostra. Un’esposizione poderosa se si pensa all’ampio respiro richiesto da queste sue opere composte su grande formato. In aggiunta a questo percorso visivo, nella sala multimediale, il backstage viene narrato nel video “Making Eveningside”, con musiche originali di James Murphy degli LCD Soundsystem, e Stuart Bogie, polistrumentista compositore americano.

Intesa Sanpaolo presenta inoltre i nuovi appuntamenti di #INSIDE alle Gallerie d’Italia – Torino, un ricco palinsesto di incontri che prevede talk con alcuni ospiti di rilievo ed eventi speciali, organizzati fino al 18 gennaio 2023, a ingresso libero.

Foreste remote e solitarie fanno da sfondo alla serie Cathedral of the Pines, che prende il nome da una strada in cui Crewdson si è imbattuto, quando – successivamente al divorzio nel 2012 – è andato a vivere in una chiesa metodista sconsacrata a Becket, piccola città rurale del Massachusetts.

Questo sembra essere il lavoro più intimo e personale dell’artista, che vuole indagare la tensione tra legame umano e separazione.

L’artista stesso ammise di aver trovato e sentito, nel cuore delle foreste di Becket, quell’oscurità che ha presto ricollegato al suo processo artistico e che l’ha condotto verso un processo di rinnovamento e di creatività intensa. In queste immagini, che richiamano la tradizione pittorica del diciannovesimo secolo, Gregory Crewdson cattura i suoi personaggi congelati nella natura o in ambigue scene di interni.

L’artista gioca sulla sottile tensione tra arte e realtà, tra separazione e relazione, intimità e isolamento.

Il fotografo muove i suoi soggetti in ambienti che sembrano familiari, eppure le loro azioni e la messa in scena emanano un senso di mistero, dove il dramma appare imminente (Ad esempio una giovane donna che si fa tagliare i capelli ai margini di una foresta o un’altra ferma, in camicia da notte e mani sporche di terra davanti a una casetta da giardino abbandonata.)

Sono immagini che sembrano avere scopi invisibili e a noi sconosciuti.

Sicuramente ci fanno interrogare.

Da questi paesaggi, dove le foreste incombono come presenze spirituali, Crewdson si sposta a Pittsfield, sempre in Massachusetts, per realizzare la serie An Eclipse of Moths, nella quale a dominare è il paesaggio urbano triste e decadente delle città industriali dimenticate. Le falene (moths), attratte dalle luci elettriche che le confondono, private dei loro punti di riferimento, sono una similitudine della sconfitta di Pittsfield e dell’America stessa. Anche in questo caso Crewdson riesce a offrire le indelebili evocazioni di una silenziosa interzona psicologica tra il quotidiano e il misterioso.

Dopo la serie minimalista, con forme tratteggiata da luci, le immagini raccontano la desolazione, una solitudine da abbandono con una punta noir. Quelle nudità appaiono dimesse, profondamente sole, decontestualizzate, in una natura abbandonata, dove le ferrovie sono interrotte, i boschi appaiono disanimati, le case semi vuote, quasi spettrali, con un effetto di spaesamento, di inquietante sospensione. Le immagini hanno una loro poesia, un nitore metafisico. In ‘Woman in bathroom’ il fotografo è alle spalle della donna ritratta e ricorda lo stesso sguardo di Pierre Bonnard quando dipingeva Marthe, restituendoci un’immagine intima e contemplativa.

La fotografia cinematografica di Crewdson è un racconto di cui in ogni immagine vediamo un frame sospeso ma in movimento, pieno di tensione pur nell’immobilità delle pose. Un contrasto che rende molto intensa l’immagine. Il racconto è quello di un mondo inquietante con l’eclissi delle falene perché queste farfalle notturne non sono riuscite ad adattarsi a un mondo in cui la luce elettrica brilla costantemente e i lampioni appaiono loro come lune sempre visibili; solo che avvicinandosi le falene si bruciano le ali. 

Nella serie finale Eveningside il fotografo ha scelto di esprimersi in un bianco e nero molto raffinato, anziché a colori come ha fatto solitamente. La chiave emotiva nella composizione è dettata dalle combinazioni di luce e ombra e di effetti speciali quali pioggia, fumo o foschia.

Qui Crewdson sonda dei momenti sospesi nella vita quotidiana. Le figure, scarne e viste attraverso le vetrine dei negozi, sono colte nella banalità della routine quotidiana. Egli si conferma un indagatore delle zone d’ombra dell’animo umano, nel suo sondare la profonda solitudine dell’individuo in un’America che si rivela ben lontana dal sogno americano.

Per chi volesse leggere un’interessante intervista all’autore, vi rimando al link del sito “Il giornale dell’Arte”:

Nonostante il mio personale approccio sia dato il più delle volte dalla ricerca di spontaneità tra i soggetti che ritraggo di fronte alla mia fotocamera, penso che sia impossibile non riconoscere a questo artista di fama mondiale grandissimi meriti, dati dall’impeccabile utilizzo delle luci, dei personaggi e delle ambientazioni dei suoi frames, con una meticolosità che nulla lascia al caso e che è capace di trasportarci in mondi misteriosi ed affascinanti.

Chi è Gregory Crewdson

Nato nel 1962 a Brooklyn, New York, vive e lavora a New York e nel Massachusetts. Si è laureato alla SUNY Purchase di New York e alla Yale School of Art di New Haven, dove attualmente è professore e rettore della facoltà di studi universitari di fotografia. Le sue opere sono esposte, fra gli altri, al Los Angeles County Museum of Art, al San Francisco Museum of Modern Art, al Metropolitan Museum of Art di New York, al Museum of Modern Art di New York, al Whitney Museum of American Art di New York, al Solomon R. Guggenheim Museum di New York, all’Art Institute di Chicago e alla National Gallery of Victoria di Melbourne, in Australia. Le sue esposizioni includono Gregory Crewdson: 1985-2005 al Kunstverein di Hannover in Germania (in mostra nel 2005 al Kunstmuseen Krefeld in Germania; al Fotomuseum Winterthur in Svizzera; e al Landesgalerie di Linz in Austria); In a Lonely Place a Berlino (2011, ospite di svariate mostre); Beneath the Roses al Museu da Imagem e do Som a San Paolo del Brasile (2014); Fireflies, Wave Hill, nel Bronx a New York (2014); The Becket Pictures, al FRAC Auvergne di Clermont-Ferrand in Francia (2017); e Cathedral of the Pines, presso la Photographers’ Gallery di Londra (nel 2017; in mostra al Centre of Contemporary Art, Toruń in Polonia, nel 2017-2018).

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