La Costanza (… e mi ripeto che posso, costantemente, e sono spaventato a morte, ma vado avanti …)

di Andrea Sardi

La Costanza (… e mi ripeto che posso, costantemente, e sono spaventato a morte, ma vado avanti …)

CAFE’ DOMINGUEZ – La costanza è una caratteristica che si associa al raggiungimento di un obiettivo, alla realizzazione di un sogno. Potremmo dire che, trasformando un buon atto di virtù in un’abitudine di virtù, la costanza consentirà di raggiungere il premio finale.

Questa concezione porta a focalizzarsi sul risultato, ottenuto con impegno, volontà… costanza! Eppure, nonostante tutto, non sempre l’obbiettivo è raggiunto: la vita non è una funzione matematica, anche se qualche folle governante del Mondo già parla di ridurre la coscienza ad un ammasso di circuiteria elettronica e l’intelligenza umana ad un algoritmo. E’ possibile che, nonostante tutto l’impegno, il sogno non si realizzi, che il risultato ambito non venga conseguito. Sarà dovuto al Fato, al Destino, a un Dio che ha in mente un progetto a noi mai svelato. Eppure credere che esista un qualche rapporto di causa effetto consola, rafforza, aumenta determinazione e costanza.

Nel Tango è dato per certo che il sogno sia irrealizzabile, che tale sia destinato a restare, se non a perdersi per sempre o a congelarsi nel ricordo di un mai vissuto carico di nostalgia. Anche perché, a ben vedere, per certi poeti del Tango la vita stessa è un sogno, una illusione, tant’è che i nostri sogni potrebbero definirsi un sogno nel sogno. Come dice Enrique Cadícamo: “… il nostro idillio, un’altra illusione che se ne va dal cuore e che non torna. In tutto, sempre, il colore dipende dalla lente attraverso cui guardi. Ti ho visto in rosa, quando tacevi, quando ridevi. Più tardi, un’altra lente, e non c’eri più. La vita è solo illusione ed il cuore un prisma…” [La luz de un fósforo, Tango 1943, Música: Alberto Suárez Villanueva, Letra: Enrique Cadícamo]

Un’illusione, quella del vivere, che possiamo scegliere di interpretare _ sì, interpretare come una vera finzione _ con la dolcezza struggente di un poeta come Cadícamo o con un doloroso disincanto, come quello di Cátulo Castillo: “Fa male, bandoneon, al mio cuore, la tua rauca malévola maledizione, la tua lacrima di rum mi prende nel profondo da dove sale il fango. Lo so, non dirmelo! Hai ragione! La vita è una ferita assurda ed è tutto così fugace, che è solo una sbronza, niente di più!, la mia confessione…” [La última curda, Tango 1956, Música: Aníbal Troilo, Letra: Cátulo Castillo]

Oppure con l’amarezza a tratti carica di rancore di un Francisco Gorrindo: “… L’esperienza è stata la mia amante, la delusione la mia amica… Oggi non credo nemmeno in me stesso. Tutto è ingannevole, tutto è falso, e quelli che arrivano più in alto, non sono migliori degli altri…” [Las cuarenta, Tango 1937, Música: Roberto Grela, Letra: Francisco Gorrindo]

Oppure ancora con la voce di Enrique Santos Discépolo, che crede ancora in un Dio di cui, difronte allo sfascio umano, non riesce a comprendere il progetto, facendo così seguire, alla condanna ironica di un tango come “Cambalache”, una invocazione accorata, una vera e propria preghiera, come “Tormenta”.

Che il mondo sia sempre stato e sempre sarà il caotico negozio d’un rigattiere, già lo sapevo, sia nel 510 come nel 2000. Che ci siano sempre stati furfanti, machiavellici, truffatori, così come persone felici ed amareggiate, lo sapevo, ma che il ventesimo secolo sia solo uno spiegamento di malvagità insolente non si può più negare… Viviamo rigirati in un guazzabuglio, e nello stesso fango tutti ci arrabattiamo. Oggi si scopre che è lo stesso essere giusto che traditore, ignorante, saggio o pazzo, truffatore pretenzioso. Tutto è uguale, nessuno è migliore, un asino vale quanto un gran professore…” [Cambalache, Tango 1934, Música: Enrique Santos Discépolo, Letra: Enrique Santos Discépolo]

… perso nella tempesta della mia notte infinita, Dio! Cerco il tuo nome… Non voglio che il tuo fulmine mi accechi di fronte all’orrore, perché ho bisogno di una luce che mi indichi il cammino… Sento la mia fede vacillare, nel vedere che le persone cattive vivono, Dio!, meglio di me… Se la vita è un inferno e l’uomo retto vive tra le lacrime, dov’è il bene per colui che combatte in nome tuo, pulito, puro… ? Fammi vedere un fiore che sia nato dello sforzo di seguirti, Dio!, per non odiare il mondo che mi disprezza, perché non imparo a rubare… Allora, con le ginocchia insanguinate dai ciottoli, morirò con te, felice, Signore!” [Tormenta, Tango 1939, Música: Enrique Santos Discépolo, Letra: Enrique Santos Discépolo]

Il tempo è impredicibile nel futuro, impalpabile ed effimero nel presente, e pare prendere corpo solo in una prospettiva passata, sempre confusa ed evanescente. Ed è logico che così sia, perché è pur sempre il tempo di un sogno “…. Nella mia triste evocazione sorge il tempo che è passato. Quanti anni sono trascorsi e sembra proprio ieri! Dov’è quella che amavo? Dov’è quella che ho dimenticato? Il ricordo mi rattrista e fa buio nel mio cuore.… Quanti amici sono assenti mentre io ricorderò quelle notti di verbena, quelle notti di gioia, e questo tango che risuonava tra i bicchieri di champagne… Tango che viene da lontano ad accarezzare le mie orecchie come un caro ricordo, con malinconici abbandoni…” [A pan y agua, Tango, Música: Juan Carlos Cobián, Letra: Enrique Cadícamo]

E la costanza, allora, che senso ha, se la vita è un sogno, il tempo non ha senso e non v’è una vera speranza di realizzazione di alcunché? Ha un senso profondo nel vivere il presente con la consapevolezza di tutto ciò che è, comunque sia, cogliendo la bellezza e di ciò che ci è donato dalla vita, per quanto fugace, e accettando anche il resto, come parte del vivere, con naturalezza, che piaccia o meno. Non c’è una meta da raggiungere, né un passato da fuggire. C’è un viaggio, la nostra vita, che non sapremo mai dove ci condurrà e per quanto. Un viaggio da vivere intensamente e senza fretta. Come dice il vetturino al suo cavallo: “… Non avere fretta, Carablanca, che non c’è nessuno che mi aspetti. Qua su in cassetta, mentre viaggio, sto sognando, come quando la conobbi. Non avere fretta, Carablanca, che non c’è nessuno che mi aspetti. Come allora, quando andavo ostentando la mia gioia d’essere felice…” [No te apures Carablanca, Tango 1942, Música: Roberto Garza, Letra: Carlos Bahr].

Così io vivo, in questo mondo folle e sgangherato, un po’ come raccontano le parole di Eladia Blasquez, scritte nei tempi bui della dittatura militare “… Con le ali dell’anima spiegate al vento, scopro l’essenza della mia esistenza senza cedimento, e mi dico che posso, costantemente. E muoio di paura, ma vado avanti…” [Con las alas del alma, Tango, Música: Daniel García, Letra: Eladia Blázquez].

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