“Siamo un sogno impossibile …

che cerca la notte, per dimenticare il mondo, il tempo e tutto il resto. Siamo nella nostra chimera, dolce e dolente, le due foglie che il vento d’autunno ha unito …” [Somos, Bolero a tempo di Tango, Música y Letra: Mario Clavel].

CAFE’ DOMINGUEZ – Rubrica a cura di Andrea Sardi

“… Siamo una canzone breve. Una canzone di tutti e di nessuno. Quella canzone che qualcuno dimentica e lascia. O la canzone che un altro ricorda e porta con sé. Siamo pollini che viaggiano nel vento e un insolito fiore ci amerà. Abbiamo vagato nell’aria e nel tempo, stupiti dalla luce e innamorati…” [Somos, Tango, Música: Oscar Pometti, Letra: Héctor Negro].

Dimmi adesso cosa altro potrei aggiungere sul senso della vita, così eterea e fragile, così meravigliosa.

Di questo impercettibile fluire, corrente marina alla quale invano cerchiamo di opporci, aggrappandoci a ciò che ogni giorno facciamo, agli oggetti e alle persone che ci circondano, chiedendo a loro e a noi stessi di non mutare, per non perdere l’illusione di quest’ultimo approdo; di questo grandioso mistero, che inutilmente tentiamo di ridurre a nostra misura, cercando di ingabbiarlo nello scandire di ore, giorni, mesi ed anni, definendo il tempo, io dovrei cogliere quell’infinitesima, mutevole, effimera parte, chiamata presente, e parlarne.

Ti rendi conto dello sforzo immane e parimenti inutile da parte di un piccolo essere umano come me che altro non sono, per dirla con le parole di Mario Clavel, “un sogno che cerca la notte per sognare”?

Io, un sogno che sogna, che definisco una frazione di incommensurabile mistero!

Lasciamo perdere l’impalpabile tempo ed osserviamo il fremito vitale che è in noi, il suo intrecciarsi con i desideri, le speranze, i sogni e poi il disinganno e il ricordo. Ascoltiamo le emozioni che in noi vibrano in ogni istante, frangenti contrastanti di un mare inquieto.

Mi piace immaginarmi nel mondo, portando lettere d’amore, senza meta… Mi piacciono le finestre che sorgono senza i fantasmi che il tempo culla. Mi piacciono le strade e il ritorno, il letto insieme e il sole d’autunno. Mi piace il sorriso nella penombra, il libro aperto, la luce che lo illumina. Mi piace che la vita non mi colga ad uccidere i folletti e dire di no…” [Lo que me gusta, Tango 1991, Música: Saúl Cosentino, Letra: Roberto Díaz]

Partire per il mondo, senza meta, o restare a godere delle piccole cose, pur accogliendo questa irrequietudine? Io mi sono dato la mia risposta, ad ognuno la propria.

Per me l’altrove è in noi stessi, la ricerca e la scoperta non sono all’altro estremo dell’Universo, ma qui, a portata di mano.

Uccidere il folletto dell’inquietudine significherebbe soffocare il nostro soffio vitale. Alimentarlo in ciò che è, condividerlo con passione, con Amore, per me significa davvero vivere.

O, sì, non è una risposta che vale per tutti. Ci sono momenti nella vita in cui ancora si è trascinati dai folletti, si è un torrente impaziente che ci porta a lasciare anche gli affetti più cari, lasciandoli dolenti e talvolta smarriti. A loro vanno le parole di questo tango.

“… Ragazzi, al vostro ritorno! … Che Dio vi accompagni! … La vita non è altro che questo: un giorno un bacio e un altro un addio! … Non piangete per l’addio, Chi se ne va non muore! … Chi vuole bene non dimentica mai…” [A Montmartre, Tango 1929, Música: Enrique Delfino, Letra: José González Castillo]

A volte questo folletto è una insensata passione _ che tuttavia noi riconosciamo come tale, non mentiamo a noi stessi! _ che ci coinvolge fino a travolgerci tra le onde della burrasca.

Passione in un vortice, una strada senza meta… Noi, l’ansia di due solitudini… Noi due con un passato ubriaco di peccato … Passione in un turbine. Bolle nel vino e una frenesia senza pace, sempre più in alto, e sempre di più, e poi cadere e pretendere che Dio _ solo Dio! _ ci riempia di perdono lasciandoci amare con un amore ladro che nessuno deve conoscere…”.

Altre volte sembra che sia il destino a trascinarci lontano dai luoghi e dalle persone amate, quasi a volerci far percepire, attraverso questa deriva fisica, il fluire più intimo, segreto, della nostra esistenza.

“… andiamo avanti, ragazzi miei, che siamo solo nuvole trascinate da un vento errante, e la nostra vita sfugge nel dolore di chi ci manca, mentre diamo l’addio agli affetti più cari…” [Palomita blanca, Vals 1929, Música: Anselmo Aieta, Letra: Francisco García Jiménez]

Qualunque sia la ragione, qualunque sia la spiegazione che ci diamo, in fondo è il folletto dell’inquietudine che ci muove. Alimentata da quello, l’anima fanciulla non sente ragioni: è il bambino che vuol correre liberamente a costo di cadere e ferirsi.

E’ un’anima che ancora non ha trovato un suo equilibrio.

Nel dolore che ne segue, anziché decidersi a restare, per vivere nell’ora ed adesso con Amore vero e profondo ciò che è _ la vita che attraversa e avvolge tutto _ anziché fondersi in questa Unità senza tempo né spazio, c’è chi corre a cercare rifugio nell’arbitrario altrove di ciò che è stato o di ciò che forse un giorno sarà.

Andavo avanti con il mio passo per strade conosciute, ma arrivò una tempesta, e cancellò il mio destino… Un bagliore che ferisce e resta, attraversò la chitarra: erano i folletti dei ricordi ed han cantato così bene! Si illuminava il paesaggio, si illuminava il petto: erano i miei piedi nudi che riconoscevano la mia terra… Io sono la mia memoria, canto che vado intrecciando, per condividere il vissuto come chi semina cantando. Come diceva un tale, non c’è fiume canterino senza pietre: amore e dolore si uniscono, ballando nella polvere…” [Pa’ repartir lo vivido, Chacarera 1999, Musica y Letra: Roberto Cantos]

Altri invece temono i ricordi, perché in questi sembra arrestarsi il flusso del vivere, inteso come proiezione di ciò che sarà o che vorremmo si manifestasse.

“… Ho paura delle notti che, popolate di ricordi, incatenano il mio sognare…” [Volver, Tango 1935, Música: Carlos Gardel, Letra: Alfredo Le Pera].

Altri ancora non trovano pace neanche in queste proiezioni, che siano verso ciò che è stato (i ricordi) o quel che forse sarà (i sogni). Sentono che il presente non è migliore del passato, poiché come quello è solo una bolla di sapone che si scioglie tra le mani e che “come i sogni, la nostra vita se ne va…”.

“… L’illusione ci ha ingannato, il presente non è migliore. Come il passato, si scioglie tra le mani come le bolle di sapone. Come stiamo cambiando, se tutto sembra una bugia. Oggi mettiamo da parte ciò che abbiamo amato ieri e passiamo alla larga da chi un giorno ci ha teso le mani con affetto e con fede. Intanto proseguono la loro corsa, gli anni. E lo specchio ci dice con amara verità, mostrandoci un volto sempre più rugoso, che come i sogni, la nostra vita se ne va ” [Es por eso, Tango, Letra : Carlos Bahr, Música : Mauricio Mise (Mauricio Miserizky)].

Questi versi che scandiscono passato, presente, futuro, sembrano quasi porre il vivere in contrapposizione al tempo e che in questa lotta il tempo riesca a distruggere tutto ciò che rappresenta la nostra vita: i ricordi, il momento che stiamo vivendo, persino i sogni che ci proiettano nel futuro.

È quindi il tempo che tutto distrugge (da “Volver”) il colpevole dell’impermanenza del vivere.

Certamente questa esperienza terrena non è per sempre e già il Tango ci suggerisce di non attendere per viverla, di non proiettarci in un domani che, a ben vedere, è del tutto arbitrario sino a stravolgere la bugia di oggi (il sogno) in una verità (o viceversa).

“… La vita è breve e bisogna viverla, non dobbiamo confidare nel domani. Se oggi la bugia si chiama sogno, forse domani sarà la verità. La vita è breve e bisogna viverla felici, accanto a una donna, che anche se ci mente, davanti ai suoi occhi, è ci sarà pur sempre una ragione per amarla” [La vida es corta, Tango, Música: Ricardo Tanturi, Letra: Francisco Gorrindo]

Nello stesso tempo il Tango ci invita ad amare, anche se l’Amato non è perfetto, perchè “ci sarà pur sempre una ragione per amarlo“.

A queste parole fan eco quelle di un altro Tango: “Amore, la vita se ne va, fermiamoci qua, è questo il momento! … la nostra inquietudine è un poema interminabile e cui possiamo porre fine… Apri la tua vita senza finestre! Guarda com’è bello il fiume! Si risveglia la mattina e ho voglia di intrecciare per te una ghirlanda di rugiada. Basta con le notti di oblio, basta stordirsi senza più speranza, lascia che tutto ciò che è stato si dissangui in un passato senza fede…” [Quedémonos aquí, Tango, Música: Héctor Stamponi, Letra: Homero Expósito]

Fermarsi nel presente, ovvero nell’Amore.

Che poi non è fermarsi, ma orientare quel folletto, quell’inquietudine che è in noi, quel soffio vitale che vibra, la nostra anima fanciulla, alla creazione. Non è forse questo il vero vivere: creare con Amore? Anzi, creare insieme (co-creare), con Amore, congiuntamente con tutto ciò che ci circonda: che sia un albero, un fiore, un animale, un altro essere umano come te.

Che sia, infine, il tuo Amato ritrovato!

… Perché hai detto sì, s’è colmata di passione la vita. Le labbra della luce nominando il mezzogiorno e l’anima del sale diranno di sì! Perché hai detto sì, i miei petali perduti risuonano di nuovo dicendoti: “Amata!”… E c’è una festa nell’amore, per il tuo poema in sì maggiore… Ha risuscitato la mia fede, il tuo accogliente vangelo, ed io ti offro qui, il mio nuovo sortilegio… Già ti amava quello che ero e ancor più ti amerà quello che sarò. Abbracciami amore, profondamente, sì. Semina il mio corpo, mente la tua canzone cancellerà da me l’ultimo dolore…” [Poema en sí mayor, Tango, Música: Astor Piazzolla, Letra: Horacio Ferrer]

“… Già ti amava quello che ero e ancor più ti amerà quello che sarò…” queste parole di Horacio Ferrer sembrano alludere ad un incontro primordiale, fuori da quel tempo che oggi noi scandiamo, un incontro che si è forse ripetuto in altre vite. Di fatto un’unione mai interrotta che si manifesta nuovamente in questa con il “il tuo Amato ritrovato”.

È allora in questo stato di grazia, in questo “nuovo sortilegio”, che l’Anima non anela più ad un sogno futuro nè s’àncora dolente ad un passato perduto o addirittura mai vissuto.

Vive, riprendendo un dialogo già iniziato, fuori dal tempo, e che non terminarà mai.

Vive, con il suo Amato ritrovato, il suo continuo presente.

© Andrea Sardi RIPRODUZIONE RISERVATA

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