Il Tango: Padre e Madre dei diseredati

«Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo» (Luca, 2,48). «Perché mi cercavate? Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Luca, 2,49).

CAFE’ DOMINGUEZ – Non so se sia l’avvicinarsi della Pasqua, occasione nella quale la Sacra Famiglia si recava a Gerusalemme in pellegrinaggio, ma queste parole sono tornate più volte alla mia mente, ultimamente. Quella volta Gesù, avendo raggiunto l’età del bar-mitzvah (la maggiore età religiosa, ovvero 13 anni), s’era allontanato dai suoi e fermato a disquisire con i Sacerdoti del Tempio; eppure i suoi genitori parevano non rassegnarsi a questo distacco.

Forse mi tornano in mente anche perché, insegnando, vedo ogni giorno figli spersi di famiglie inesistenti, a prescindere dalla condizione economica e dallo stato civile. Ragazzi senza un riferimento interiorizzato, alla deriva, che siano vestiti bene, dalle belle maniere e con delle belle moto o adolescenti dai modi bruschi e sguaiati, con i segni della miseria sul volto e sui vestiti.

In entrambi i casi, anche se non formalmente, quei ragazzi sono diseredati, disconosciuti come figli. Magari straviziati e a volte oppressi in una continua oscillazione tra briglia corta e briglia sciolta. Ma viziare e opprimere è voler bene a un cane al guinzaglio o al canarino in gabbia, non Amare un figliolo.

Tutto questo mi riporta al Padre e alla Madre così come li canta il Tango.

“… Se ho lodato quella luce che hai scelto per sposa e compagna del tuo amore, come potrei dimenticarmi di te, padre, che fosti bussola e guida del mio cuore…” [A mi padre, Vals, 1955, Música: Héctor Marcó, Letra: Héctor Marcó]

Bussola e guida del mio cuore. La bussola ti da dei riferimenti, non ti dice dove devi andare. Così come un faro ti guida verso l’approdo sicuro, ma non decide per te la tua rotta. Che differenza, no, rispetto al padre che vizia sì, ma poi costringe il figlio ad estenuanti esercizi in un’arte o in uno sport che a quell’adolescente magari neanche interessa veramente, pur di indossare poi le penne del pavone-genitore-del-figlio-modello! Che differenza rispetto a quello che ti vuol bene se e solo se compiaci le sue aspettative.

Il Padre come modello ed ispiratore torna in questi versi.

Sei nella mia vita, sei nel mio sangue, esempio e figura di tutto il mio essere. Proprio come una fiamma eterna, così bruci, e mai nella mia vita ti dimenticherò. Sei stato la mia guida in ogni percorso, hai sostenuto i miei passi, mia stella, mio sole. Tu sei stato il maestro, l’amico, chi ha offerto il suo buon cuore senza sosta…” [Padre mío, Tango, Música: Graciano Manuel Leopoldo Gómez, Letra: Roberto Cardé (Rafael Francisco Cardenutto)].

Un Padre che è esempio e maestro, sole e stella, che rappresenta quindi i tuoi riferimenti anche nella vastità del mare della vita, lasciando tuttavia a te la libertà di scegliere la rotta! Un padre che è persino amico. L’Amico ti ama per quel che sei, non per quello che vorrebbe tu fossi.

L’Amico, per il Tango, è colui che accoglie, ascolta, non condanna ma sa indicarti chiaramente cosa sia giusto, cosa non lo sia, lasciandoti poi libero di vivere la tua esperienza di vita. Il tema dell’Amore torna: Amore vero, Amore assoluto, fatto di comprensione ed accettazione totale, ché in altra forma sarebbe solo parodia.

Mentre scrivo tornano le parole di mio padre che concludeva le sue riflessioni su certe mie decisioni dicendo: “Io non la vedo come te, ma la vita è tua ed è giusto che tu la viva come ritieni opportuno per te stesso”. Così come ancor prima, davanti alle mie prime perplessità di adolescente, esaminata con me la situazione, mi diceva: “Sta a te decidere. La responsabilità è tua. Devi imparare a camminare sulle tue gambe”. Quando penso a lui, specialmente quando ho cura degli alberi e dei fiori che ha piantato in questo giardino, risuonano dentro di me le parole di questo tango.

… oggi il mio vecchio “Nonino” è una pianta. È la luce è il vento ed è il fiume… Questo mio torrente lo continua, prolungando la sua sfida nel mio essere. Gli succedo nel suo sangue, lo sento. E sento nella mia voce la sua stessa eco. Questa voce che mi suonò vuota nell’ultimo addio… Addio “Nonino”… Hai lasciato il tuo sole nel mio destino. Il tuo ardore senza paura, il tuo credo d’Amore. E quel desiderio… Oh…! Il tuo desiderio di seminare il cammino con speranza…” [Adiós Nonino, Tango, Música: Astor Piazzolla, Letra: Eladia Blázquez].

E’ il Padre che lascia una preziosa eredità interiore: l’ardore senza paura, il credo di Amore, e il desiderio di seminare il cammino con speranza. Quale eredità materiale può sostituire tutto questo? Amare senza paura e vivere donando speranza.

E’ con quest’animo, con Amore e con il desiderio di donare speranza, che ogni giorno entro a scuola.

Così come del Padre, il Tango ci parla della Madre.

“… Ricordo, Madre, quando ero bambino: mi hai offerto il tuo buon amore, e in grembo mi hai abbracciato raccontandomi storie di perdono. Mai sul tuo volto ho letto l’offesa suscitata dal dolore, poiché le tue labbra mi han sempre donato dolci consolazioni con tenerezza e con amore…” [A mi madre, Vals, Música y Letra: Francisco Peña].

Il Padre è un riferimento, la Madre accoglie incondizionatamente, consolando con Amore e tenerezza, senza mai mostrare il dolore che l’agire del figlio può aver causato in lei. Madre che non colpevolizza, che non condiziona il proprio Amore. Dov’è questa Madre, nel mondo di oggi?

In questa donna che cela il proprio dolore provato per il figlio che aveva dato per perduto, felice solo d’averlo ritrovato, tornano le parole del Vangelo di Luca: “Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro… Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore”. Una Madre capace di accettare anche ciò che non comprende, con riserbo, con Amore.

“… Scontando le mie vecchie follie, soffocando la mia tristezza, son tornato a cercare nella mia vecchia quelle tenerezze profonde che abbandonai. Quando mi ha visto non ha detto nulla delle mie trascorse sciocchezze, solo dolci parole d’Amore per il figlio ho ricevuto! Baci e amori, amicizie passeggere, belle farse e illusioni rosa nel mondo ce ne sono moltissimi, purtroppo… Di Madre, una sola!…” [Madre hay una sola, Tango 1930, Música: Agustín Bardi, Letra: José de la Vega]

Anche questa Madre non rimprovera né sente la necessità del perdono: custodisce nel suo cuore tutte le sue emozioni ed i suoi pensieri per ciò che è stato, persino le angosce per la sorte del figlio (non ha detto nulla delle mie trascorse sciocchezze)e da spazio, con Amore vero, a lui che è tornato. Chi oggi è capace di tanto Amore?

Che poi, a pensarci bene, il mio istintivo richiamo iniziale al Vangelo di Luca ha un senso anche da un punto di vista storico e sociale: buona parte degli autori di tango sono di origine italiana o ispanica e quindi, all’epoca, figli della Chiesa Cattolica, Apostolica e Romana e di una cultura dove la venerazione della Madre trae origine direttamente dal culto della Vergine Maria. Ogni buona madre cattolica non poteva che avere come modello la Madre di Gesù, ideale di pura femminilità e procreatrice nella santità.

Anche per questo nelle prime letras di Tango la novia, la Donna Amata,è assimilata in queste caratteristiche alla Madre, mentre sensualità e sessualità saranno esclusive, per lungo tempo, della milonguita, “fiore della notte e del piacere, fiore del lusso e del cabaret” [Milonguita (Esthercita), Tango 1920, Música: Enrique Delfino, Letra: Samuel Linnig].

E proprio dalla milonguita parto per svelarti un altro segreto del Tango. Ascolta queste parole.

Santa milonguita! Aveva gli occhi così grandi e chiari che facevano sospirare. Le sue labbra peccavano di lucido e rossetto ed il suo sguardo era colore verde mare. Lei che era sempre stata feste e allegria, presa in un gioco di bicchieri ne ebbe abbastanza dello champagne. In uno slancio di sentimento, decise d’essere buona, buona come il pane… Redenta dalla passione di un nuovo amore, guardano il cielo della sua vita, vide brillare la stella dei suoi sogni…” [Santa milonguita, Tango 1933, Música: Enrique Delfino, Letra: Enrique Cadícamo].

Ancora una volta il Tango canta il miracolo dell’Amore, il suo potere salvifico, di redenzione.

Ancora, nota la totale assenza di condanna: sin dall’inizio, ancora prima di descrivere la vita peccaminosa trascorsa nei locali notturni, lei è già definita “Santa”, perché lei questo è. Quella parentesi trascorsa nei cabaret tra feste e bicchieri di champagne, è un errore (dal latino error, errōris, derivato di errāre ovvero “sviarsi, camminare senza meta”), ovvero la perdita della retta via che riprende a seguire vedendo brillare la stella dei suoi sogni. Il suo errore non le costa un’etichetta di condanna. Il Tango l’accetta per ciò che è, come farebbe una Madre.

E d’altra parte, così come il Padre è colui che spezza la simbiosi figlio-Madre-famiglia, per dare al figlio quei riferimenti (bussola e guida, stelle e sole) che servono a navigare da solo nella vita, ad entrare nel mondo esterno al nucleo familiare, come riconoscono gli autori nelle letras citate all’inizio; così come il Padre è colui che trasmette i valori di riferimento, insieme al senso della Libertà e all’amore per questa, affinché il figlio si affranchi dal luogo natio, dal focolare familiare e viva la propria vita come Individuo, altrettanto fa il Tango, in un modo tutto suo.

Perché il Tango non ti dirà mai cosa devi o non devi fare, ma cosa accadrebbe se tu facessi una determinata cosa, raccontandoti la storia di uno dei suoi tanti personaggi già caduti in errore.

Folli capricci di ragazzi pieni di vita mi han trascinato ciecamente, nella mia gioventù, nelle milonghe, nelle bische clandestine e in altre stupidaggini, dove ho perso tutta la mia salute. Ho alzato coppie bohemien di champagne, brindando a storie di amorazzi da ubriaco. La mia vita era una nave carica di velleità che s’è arenata vicino alla riva del Male. Come vola via la vita! Quanto ci rimprovera il tempo che passa, quando feroci delusioni ci aprono delle ferite! Come vola via la vita di un nottambulo…” [Cómo se pianta la vida, Tango 1929, Música y Letra: Carlos Viván].

Come avrebbe detto mio Padre: “Uomo avvisato, mezzo salvato”.

Ecco che il Tango è ad un tempo Madre che accoglie amorevolmente e incondizionatamente e Padre che, con altrettanto Amore, ti dona la Libertà e i riferimenti per affrontare da solo la tua vita. Entrambi restando, da un certo punto in poi, in disparte, pronti ad accoglierti se vorrai, mai a costringerti a restare o tornare. Così come Maria e Giuseppe seppero fare con Gesù.

Ti lascio con questo Tango e torno ai miei ragazzi, sapendo che come il Tango sono, per molti di loro, Padre e Madre.

[Tango Para Mi Padre Y Marialuna, Ashram, da “Shining Silver Skies”, 2006]

© Andrea Sardi RIPRODUZIONE RISERVATA

Condividere è conoscere!

2 commenti

  1. Una splendida esposizione sul rapporto padre/figlio, mi ha fatto riflettere e la musica di sottofondo era perfetta. Grazie.

  2. Questi bellissimi articoli mi fanno rimpiangere di non avere dedicato gli anni passati al tango che, per me, esprime i più profondi sentimenti di amore e passione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *