La Fiducia: scelta di oggi per una fede nel domani

immagine da Pixabay

L’EDITORIALE – dopo La Comunicazione di aprile ci accingiamo a coltivare nuovamente quei bei momenti con le persone a noi vicine alle quali guardiamo con simpatia e amore.

Se la comunicazione in tutte le sue peculiari accezioni, come il tentativo di definizione a cui abbiamo alluso la scorsa volta, si vede come il rapporto fra un modello culturale acquisito, personale e/o collettivo, di come cambia, persiste o muore quando interagisce con gli altri, nella sua manifestazione questa ha un’ invisibile compagna: la Fiducia.

Essa è la causa di sinergia quando gli affetti colorano la vita e per far si che l’esistenza sia condivisa
autenticamente dev’esserci questa complice amica. Cosa sarebbe l’operare umano senza fiducia in noi
stessi e negli altri, non avremmo aridi cuori e vuote parole che neanche il vento vorrebbe?


Mi viene alla mente l’antico concetto di Fides. In passato all’alba delle costruzioni comunitarie, la conferma di queste e la successiva ideazione delle Signorie che portarono al Rinascimento (periodo floreo del genio italiano conosciuto in tutto il mondo) vi fu la religione cristiana che accomodandosi nelle anime degli uomini, eredi dell’Impero romano d’oriente e occidente, ereditò per l’appunto il concetto di fede.
Esso voleva significare la dedizione spirituale ad una credenza di valori e, per farla breve, si cominciò
l’eterna lotta fra il potere degli uomini in terra (gli Imperatori) e quello dei fedeli a Dio (i Papi).

Coi secoli il concetto di fiducia venne alterato da quella che ancora anni addietro era la manu militari
dell’Impero romano, fino ad avere la presunzione di controllare la mente delle persone:
esse che per natura umana tendono a fidarsi del prossimo, nel vero senso cristiano di amore, furono
ingannati per secoli … come noi.

Perché ho accennato al concetto della fiducia come compagna della comunicazione? Perché la
comunicazione non è sempre stata quella di oggi ma la fiducia è sempre stata quella che, re, cardinali, visconti o imperatori hanno preteso senza darla al prossimo:
guardiamo alle persone semplici che nella storia hanno solo voluto far parte di alcune comunità. In
queste vi sono i gruppi sociali, questi sono fondati su valori che a loro volta sono rappresentati da
simboli, ed è proprio attraverso i simboli che la fiducia venne rappresentata, imposta e … sepolta.
Dal medio oriente ellenico alla formazione degli stati nazionali sovrani dell’illuminismo fino alla formazione dell’odierna Unione Europea, quelli che si consideravano erroneamente i padroni delle anime di questa Terra hanno inciso il loro profilo sulle monete e imposto santi quadri nelle stanze da letto.
La moneta era lo strumento per avere qualcosa e le divinità qualcuno da ringraziare per la fortuna del
proprio destino. Guardando alle immagini si istillava una fiducia distorta del sistema di credenze di turno.

Così dagli antichi egizi che parlavano e riponevano fiducia nei propri Dei che osservavano la luna per la
fertilità delle donne, passando per Galileo che dovette tacere sul moto della Terra, fino alla fiducia che
abbiamo riposto nella tecnica che col digitale si sta imponendo sempre più per fede anche per la scienza.
Scienza che alla religione rassomiglia ma che di fiducia ne ha sempre meno.

Ecco perché crollano i sistemi, per quanto si possa nascondere la verità delle cose, per quanti volti storici e valori trascendentali potrebbe avere la fiducia, essa sarà la moneta di scambio effettiva che intercorrerà
sempre fra persone. Attenzione alla differenza tra fede e fiducia, una radice etimologica comune, ma non comuni son le intenzioni, specie quando si impongono per convenzione a prescindere, quelle che la filosofia chiama dogmi.

Che fare dunque?
Non crediate che io sia puro o scevro da interesse … anch’io ho la mia piccola e stupida fede, quella del
logos, perché ripongo fiducia in essa e so di esserne vittima.
Noi occidentali dovremmo cedere un poco all’oriente, gli uomini guardare alla femminea sensibilità
dell’altro sesso e la razio eludere i suoi limiti se seguisse i sogni.

Così, pensando a tutti noi e osservando la tv e le pubblicità, penso al carattere riduzionistico della cultura di cui anch’io sono figlio.
Penso a Vico quando affermava che la storia non è una mera successione di eventi, che è come dire che dopo la notte viene sempre il giorno o dopo la tempesta il sereno.
È il concetto dell’eterno ritorno, un rimando arcaico al ciclico. Stagioni, fasi alternanti tra le ore, periodi di
riposo necessari al recupero delle energie, e in mezzo a tutto questo c’è sempre quella parola che tutti
chiedono ma che nessuno dà quasi mai per primo … la fiducia.

Sembra che chi voglia imporre perda, e chi lasci andare guadagni più di quanto credesse, questo
probabilmente è dato dai sistemi valoriali che fra le epoche sono scandite dalla fiducia che gli uomini hanno esternato verso qualcosa o qualcuno. Beh alla fine tutto passa e niente è per sempre. Ma noi abitanti di questo tempo abbiamo la fortuna di guardare al passato come monito per fondare nuovi sistemi di fiducia, nuovi modi di interpretare e di riproporre.

E anche se per le prossime volte le promesse non saranno all’altezza delle aspettative, non saremo certo gli ultimi costruttori di realtà.
Forse adesso possiamo creare nuovi presupposti per avere fiducia nel nostro tempo a cui un domani alcuni guarderanno per migliorare.


Paolo Cavaleri

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