“… ma ciò che la donna dice all’innamorato

bisogna scriverlo nel vento e nell’acqua che scorre …”

Image by Viva la vida!!! Rosa Matilde Peppi from Pixabay

di Andrea Sardi

CAFE’ DOMINGUEZ – Così cantava Catullo un paio di millenni fa (84 a.C.) andando a centrare, con un poema d’amore, l’aspetto più critico del vivere umano: l’impermanenza. Per altro anticipato da quel “Non si può discendere due volte nel medesimo fiume … ” di Eraclito (535 a.C.).

L’impermanenza nelle relazioni umane profonde si può chiamare in un solo modo: tradimento.

Il tradimento, deludendo la fiducia e le aspettative intimamente connesse con il rapporto interpersonale, spezza bruscamente la continuità, infrange il legame e genera un vuoto doloroso, per la perdita di quel “Noi” nel quale il “Sé” s’era rispecchiato e persino dissolto, comportando, nel tradito, la perdita dell’Identità.

Quello di cui parlo, di cui parlano le letras di Tango, va ben oltre il tradimento nella relazione amorosa o amicale. Coinvolge la relazione del singolo con il Padre e la Madre, la Società, la Vita, persino Dio. E’ un tradimento totale, esistenziale e, a cogliere bene il messaggio che ci da il tango, si rivela, in ultima istanza, come tradimento del “Sé”.

“… Stanco di vedere che la vita si diverte sempre a rompere in pezzi il mio canto e la mia fede. La vita è una tomba di sogni con croci che, aperte, chiedono… per cosa?…” [Desencanto, Tango 1936, Música: Enrique Santos Discépolo, Letra: Luis César Amadori y Enrique Santos Discépolo]

“… E pensare che nella mia infanzia, avevo così tanta ambizione che sognando forgiavo altrettanta speranza. Sento ancora mia madre, la sento tradirmi, perché la vita mi ha negato le speranze che nella culla lei cantò per me… Ho a lungo anelato il suo amore e quando l’ho avuto, mi ha tradito …” [Desencanto]

Laddove il tradimento ultimo della Madre è nell’estremo addio, nella morte.

Ma non ci fu già un tradimento primigenio, nascendo, distaccandosi da quel rapporto simbiotico, quell’alcova accogliente e protettiva alla quale si tende, forse, per tutta la vita, in una inconsapevole speranza di riviverla nel “Noi”? Un tradimento che ricorda la cacciata dal Paradiso Terrestre, il distacco dal Divino, là sì meritato, per una disobbedienza, una colpa, adesso senza ragione, e quindi ancor più straziante.

Il Tango parla spesso sì, del tradimento amoroso, che diviene tuttavia metafora dell’intera esperienza della nostra Anima in questo mondo in cui ha scelto di (tornare a) incarnarsi.

La Donna del Tango entra in scena con il primo tango canción come Altro-traditore, assoluto e totalizzante. E’ Donna Amante, oggetto di desiderio, “sogno ardente”, ma anche circondata da un’aura di tenerezza, dolcezza, accoglienza che il Soggetto abbandonato rivive e riflette in sé con ripetuti vezzeggiativi, nelle parole che seguono, ovvero Donna Madre.

Donna che mi hai abbandonato nel momento più bello della mia vita, lasciandomi l’anima ferita e il cuore colmo di spine, sapendo che ti amavo, che eri la mia gioia e il mio sogno ardente, per me non c’è consolazione, ed è per questo che mi sbronzo, per dimenticare il tuo amore … conservo sempre dei biscottini, per accompagnare il nostro piccolo mate, come quando c’eri tu. Nell’appartamentino non ci sono più i vasetti graziosi adornati con i fiocchettini…” [Mi noche triste (Lita), Tango 1916, Música: Samuel Castriota, Letra: Pascual Contursi]

La figura totalizzante dell’Altro-traditore, Amante-Madre, si ripropone sempre agli esordi del tango canción, in queste parole.

Bandoneón dell’arrabal, vecchio mantice senza più fiato, ti ho trovato come un bambino che la madre ha abbandonato, alla porta di un convento scalcinato, alla luce di una piccola lanterna… lo sai che reco nell’anima un dolore profondo … ti ho portato nella mia stanzetta, ti ho cullato nel mio petto gelido, anche io abbandonato, solo nel mio appartamentino. Hai voluto consolarmi, con la tua voce rauca, e le tue note colorite, hanno aumentato la mia nostalgia …” [Bandoneón arrabalero, Tango 1928, Música: Bachicha, Letra: Pascual Contursi]

L’uomo abbandonato che si proietta nel bandoneón è il bambino abbandonato dalla Madre-Amante. La Madre, che nella liturgia del Tango riveste il ruolo di unico e sacro affetto capace di resistere a qualunque evento, arrendendosi solo alla morte, qui, riflettendosi nella figura dell’Amante è tuttavia capace di abbandono, ovvero di tradimento.

Hai voluto consolarmi, con la tua voce rauca, e le tue note colorite, hanno aumentato la mia nostalgia”, parole che esprimono tutta la incapacità di risolvere la propria sofferenza, la propria paura, nonostante si scelga di attraversarla ogni volta, così come i bambini inutilmente cercano di fare, chiedendo venga loro narrato nuovamente il passaggio che più li spaventa di una fiaba. E come un bambino sperso, il poeta si stringe a se stesso (immedesimandosi nel bandoneón) cercando in sé e nella solitudine del suo piccolo appartamentino, una impossibile consolazione.

Quale dolore può essere più devastante di questo tradimento assoluto, nel quale pare riflettersi quello primigenio, senza senza più ragione alcuna? “Perché?” si chiede quest’essere d’improvviso sbalzato nella solitudine esistenziale della Vita, dopo essere stato privato del Sé-Noi. E la risposta, nel tentativo estremo di non condannare l’Altro a cui si sente ancora disperatamente unito, non può che dipendere da una causa esterna al “Noi”: la ricerca da parte dell’Amante di qualcosa di meglio, che sia la ricchezza comunque perseguita, o un altro ingannevole amorazzo.

Ti ricordi, Milonguita? tu eri la ragazza più bella di Chiclana; la gonna corta e le trecce, e nelle trecce un bacio di sole. E in quelle notti d’estate, cosa sognava la tua piccola anima, donna, sentendo il tango richiamarti dolcemente, amorevolmente? Oggi ti chiamano Milonguita, fiore della notte e del piacere, fiore del lusso e del cabaret. Milonguita, gli uomini ti hanno fatto del male e oggi daresti tutta l’anima tua per tornare ad indossare i semplici abiti del sobborgo…” [Milonguita (Esthercita), Tango 1920, Música: Enrique Delfino, Letra: Samuel Linnig].

Ma anche in assenza di relazione, il tradimento (impermanenza) emerge: ci sentiamo traditi quando siamo improvvisamente colpiti da una malattia, quando un desiderio profondo non si manifesta. Traditi dal Destino o dal Fato. Traditi da un Dio lontano che resta insensibile alle nostre invocazioni, traditi dalla Vita che infine ci toglie l’illusione della giovinezza eterna e dell’immortalità. La morte non è forse l’ultimo grande tradimento?

“… Che amara delusione, se anche Dio ti ha abbandonato! Ti piange il cuore, perché tutto è una farsa, tutto è vile… Hai creduto nell’onestà e nella moralità… che stupidità! Hai amato con tenerezza e passione e sei stato divorato fino all’osso…” [Desencuentro, Tango 1962, Música: Aníbal Troilo, Letra: Cátulo Castillo].

La vita è un mazzo truccato e mescola le carte la mano di Dio. I mali che restano in agguato dietro la felicità entrano in gioco dopo ogni illusione, e così mi ha rubato tutto, la carta segnata del tuo cuore”. [Monte criollo, Tango 1935, Música: Francisco Pracánico, Letra: Homero Manzi]

Che altro aggiungere? La Vita che è un mazzo truccato, mescolato da Dio, e il cuore dell’Amata che si rivela essere una ingannevole carta segnata. Quale altro smarrimento e profondo dolore provare?

E visto che siamo stati e saremo, prima o poi, nuovamente traditi, almeno da amori di poco conto, dalla Vita e dagli Amici, tanto vale farci i conti con questo umana condizione, l’impermanenza, no?

Intanto è bene accettare il tradimento come condizione connessa con la nostra imperfetta esistenza, così come accettiamo le giornate di sole e di pioggia, quelle torride e quelle fredde, il sonno e la veglia, il piacere ed il dolore.

Ma sopratutto renderci conto che divenire veramente Uomo (o Donna) significa finalmente accettare la proprio individualità, ovvero riconoscere la propria profonda solitudine, senza chiedere a chiunque di risolverla, che siano la famiglia d’origine, gli amici o gli amorazzi.

Se non accettiamo la nostra solitudine esistenziale, profonda, irrimediabile, assoluta, aggrappandoci alle illusioni, mettendo a tacere la nostra Anima, rifuggendo per mille paure le responsabilità che questa chiede di assumerci per poterle realizzare la propria missione in questo mondo, se continuiamo ad affidare la nostra Vita nelle mani dell’Altro, che sia l’amante, l’Amico, il Padre, la Madre, Il Fato, iL Destino, i primi a tradirci siamo noi stessi.

Lo so, non è facile. E’ la prova che l’Eroe deve superare prima di acquisire una maggiore consapevolezza di sé e realizzare in questa vita il volere della propria Anima: deve affrontare le paure, rifuggire le lusinghe dell’Ego, assumersi le proprie responsabilità. Solo allora sarà libero di seguire ciò che la propria Anima gli chiede sentirsi realizzato, essere veramente felice.

Lunghe notti … lunga vita, senza amore … lungo è l’anno che passa, senza passare attraverso il cuore” [Années de solitude, Astor Piazzolla]

Sì, dobbiamo anche essere capaci di vivere lunghe notti in assenza di Amore, capaci accettare il Vuoto, per poter finalmente riconoscere nel silenzio ed accogliere con gioia l’Amore vero, senza aspirare di naufragare in questo, come un viandante sperso, il cuore riarso in un deserto di emozioni. Essere capaci di vivere la solitudine esistenziale per incontrare finalmente chi con coraggio ha accettato e fatta propria questa nostra stessa scelta ed è pronto non ad un banale, impermanente “Noi”, a rischio di sconquassarsi alla prima burrasca, ma a un Io-e-Te insieme. Per accogliere chi è pronto ad essere Individuo rispettoso ed amorevole verso se stesso e verso l’Altro-Individuo, compagni l’uno dell’altro, liberi dal giudizio degli altri, dal brusio molesto di un mondo che si perde sempre più lontano, offuscato dallo splendore di questa unione perfetta.

Per ritrovare finalmente quell’Anima con cui, prima di scendere su questa Terra, ci si è scambiati la promessa di un nuovo incontro e con lei iniziare ad intrecciare lo splendido arabesco di un agognato comune cammino, come in un Tango: ciascuna centrata su se stessa ed in armonia con l’altra, fuori dal Tempo, al di là della Vita, perché due Anime che così vivono sanno che per loro questi limiti, nel riunirsi, perdono ogni significato terreno.

Saranno due Anime che si ritrovano nel vero Amore.

Un Amore Assoluto che non conoscerà mai la possibilità di un meschino, umano tradimento.

© Andrea Sardi RIPRODUZIONE RISERVATA

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