LUCIO DALLA – Comunicatore attuale, artista di ieri per le persone di oggi

ICONE D’ITALIA – TRIBUTO A LUCIO DALLA

di Paolo Cavaleri

Non è certo l’ascolto più onorevole quello che ebbi di Lucio Dalla, quando a poco più di undici anni alla
televisione lo vidi per la prima volta accanto Sabrina Ferilli, nel programma “La Bella e la Bestia” su Rai
del 2002 a cinque puntate in visione nazionale.

da YouTube

Cantò “Kamikaze”, erano i primi anni dove la musica stava uscendo dalle grandi melodie melanconiche,
appassionate e dai lunghi testi. Non che non ci fossero sempre i Baglioni o i Morandi, o che Dalla non fosse grande paroliere e poeta di testi, ma erano suoni e un tipo di regia televisiva che amplificavano il suo – essere gnomo- come disse in un’intervista de La Repubblica.
Il che mi ha fatto sempre pensare che si considerasse un essere magico e silvano.
Col millennio che vide l’euro come nuova moneta, e il linguaggio televisivo che rendeva le parole più mute alle orecchie per piacere degli occhi, si incentivò una comunicazione prettamente visiva.
Così, accanto a quest’ometto di cui sentivo parlare, e in vero ascoltavo quando ero studente di musica
classica, ascoltai un testo tanto intriso di significato (di allusioni sessuali), accanto alla muliebre presenza
della showgirl: piacente, mediterranea, sensuale e immobile come se dovesse necessariamente contornarsi di quelle parole.


Dalla fu molto e mai poco, cantautore, musicista polistrumentista, ma in un certo senso se proprio
volessimo dargli un’accezione, fu comunicatore … di sogni che attraversavano i suoi ricordi.
Nato nel ’43 ebbe una formazione jazz, frequentò ambienti musicali e teatrali sia nel locale che nel
nazionale: una produzione di cinquant’anni che lo porta sia alla frequentazione di artisti nostrani che a
collaborazioni internazionali in anni di gioventù dove a Bologna suonò con Chat Baker.
Non di meno, negli anni venne considerato dai nostri connazionali come Patty Pravo e Tenco e tanti altri
che hanno contribuito alla creazione del detto: – “Perché Sanremo è Sanremo” -.
Conosciuto dalla mia generazione degli anni ’90, come uno degli onnipresenti cantautori italiani
semplicemente perché sotto il focus delle tv sentivamo le musiche di “L’anno che verrà” o “Com’è
profondo il mare”, Dalla fu un vero poliedrico dell’arte musicale.
Non solo godeva di una sana ammirazione e del solito pensiero che fosse unico, non sdegnando
collaborazioni con altri autori come Francesco Guccini, Gianni Morandi e Francesco De Gregori, ma si
ricordano duetti con Michel Petrucciani e Ray Charles.
Un Italiano per noi, per il mondo ma fondamentalmente dedito alla creazione d’autore.
Si dice che fosse stato incostante negli studi, ma forse sarebbe meglio confermare una personale, oltre che accentuata, sensibilità già in tenera età per le cose della vita come l’amore, il tempo e gli affetti.

Vorrei entrare dentro i fili di una radio
e volare sopra i tetti delle città
incontrare le espressioni dialettali
mescolarmi con l’odore dei caffè …
Vorrei seguire ogni battito del mio cuore

per capire cosa succede dentro e cos’è che lo muove
da dove viene ogni tanto questo strano dolore
vorrei capire insomma che cos’è l’amore

dov’è che si prende, dov’è che si dà …
SOGNI, TU SOGNI NEL CIELO DEI SOGNI


Dal brano “Le rondini”, datato del 1990 dell’album Cambio, questo testo delinea un presente onirico dove
l’autore si concedeva a proiezioni dello spirito tipiche del ‘vorrei’ o ‘e se’ aprendo a possibilità di
comunicare con una sorta di onnipresenza vita che è in tutto, in modo tale che fosse evidente un suo senso panteistico di sogni apparentemente impossibili.
A proposito d’impossibile, non possiamo eludere l’eco internazionale di “Caruso” come tocco trascendente della canzone napoletana. Vinse la Targa Tenco e ottenne il disco di Platino vendendo nove milioni di dischi in tutto il mondo. In più, Caruso di Dalla è al secondo posto dietro al “Nel Blu dipinto di Blu” di Modugno, nella classifica delle dieci canzoni italiane più conosciute e cantate al mondo.
Se questo genio emiliano comunque componeva musica classica o Jazz, alternandosi e reinterpretando
brani accentuandone la loro immortalità, non era estraneo a divertenti provocazioni.

Se io fossi un angelo
con lo sguardo biblico li fisserei
vi dò due ore, due ore al massimo
poi sulla testa vi piscerei
sui vostri traffici
sui vostri dollari
sulle vostre belle fabbriche di missili
Se io fossi un angelo
non starei mai nelle processioni
nelle scatole dei presepi
starei seduto fumando una marlboro

E SE TRA GLI UOMINI NASCESSE ANCORA DIO, GLI UBBIDIREI AMANDOLO A MODO MIO


Dal brano “Se fossi un angelo” dall’album Bugie, ne viene fuori un’identità vera dove comunica che anche
se le dinamiche della vita fossero diverse da quelle che ha, troverebbe la maniera di comportarsi come
crede sia giusto. Non che l’artista sia superiore a chi l’artista non fa, ma sarebbe bello pensare che un
piccolo essere e libero pensatore, in questo caso un angelo, come potremmo essere tutti noi, possa sentirsi libero di dire quello che ritiene più opportuno.

Credo che in fondo Lucio Dalla fosse una persona autentica, sia chiaro:
sicuramente aveva una legittima conoscenza del proprio lato oscuro, come chiunque, e a noi questo non è dato sapere.
Sicuramente non appartengo alla generazioni di questo artista che ha saputo carpire il respiro del tempo,
riascoltando anche gli anni passati della sua giovinezza, ma forse è al genio interpretativo che dobbiamo
guardare perché siamo esseri umani, e forse è stato anche un esempio di come in alcuni frangenti della sua sofferenza, per esempio quella causata dalla scomparsa del padre, abbia saputo comunicare le cose agli altri dopo aver interagito con le parti profonde di sé stesso.

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